IntervistE

The roles of institutions and non-institutional organisations in the Italian dance and performance scene in the era of the crisis. The Veneto Region: an Italian case study

di elisa frasson

Crediti

Intervista a Laura Boato in vista della presentazione della relazione alla Conferenza Internazionale di Atene, 6 giugno 2015

Intervista integrale

Quando si è costituita INDACO? da quali esigenze nasce?

INDACO è nata nel 2003. Avevo presentato un progetto al Comune di Venezia in collaborazione con Emergency per uno spettacolo rivolto alle scuole superiori sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo; accettarono di produrlo, e ci chiesero di costituirci in Associazione: serviva una ‘scatola’ amministrativa che ci permettesse di ricevere dei finanziamenti e sostenere le spese, assumere degli interpreti, versare i contributi ENPALS, etc.. L’anno successivo ci venne proposto di curare un festival di danza dal Comune di Mogliano, nella persona dell’allora Assessora alla Cultura Francesca Campolo, che aveva visto il mio primo lavoro Migranti - chi si ferma è perduto? e mi chiamò per propormi di portare la danza contemporanea in città (al posto del cabaret, “che ormai fanno tutti”!). Anche lì, l’esigenza era quella di potersi rapportare a delle istituzioni, ricevere dei fondi con cui sostenere le spese dell’organizzazione. Da allora l’attività produttiva e organizzativa hanno proceduto parallele, anche se quella organizzativa è limitata a Mogliano e al festival A PIEDE LIBERO. Ad esse si è affiancata l’attività di formazione, con corsi di danza, laboratori permanenti, e interventi specifici nelle scuole.

Chi sono i componenti di INDACO?

C’è un nucleo stabile composto dalle persone che collaborano alla produzione degli spettacoli (io per le coreografie, Luca Ferro per la tecnica (audio e luci), Luca Giabardo per le scene, Daniel Tuzzato per i costumi, Laura Cappellesso per il video, Michela Lorenzano per l’organizzazione, Silvia De March per la comunicazione) a cui si aggiungono i performer e gli interpreti, che variano di progetto in progetto, e gli allievi dei corsi e dei laboratori.

Da dove deriva il nome INDACO?

Era un’acronimo, originariamente stava per 'Incontri di Danza Contemporanea'; l’idea iniziale era che potesse servire come ‘contenitore’ per più coreografi; all’epoca, oltre a me, Silvia Gribaudi e Sara Simeoni.

Quali scopi/obiettivi ha INDACO?
Da statuto, INDACO è è apolitica, aconfessionale e non persegue finalità di lucro. Ha per scopi principali "l’organizzazione, la promozione e il sostegno di iniziative e attività culturali, artistiche e di spettacolo, sportive dilettantistiche e ricreative; la diffusione e la pratica della danza contemporanea e di altre discipline o tecniche complementari e/o integrabili o comunque attinenti all’arte allo spettacolo alla cultura e al benessere inteso come integrazione armonica della personalità e sviluppo del controllo e riequilibrio di corpo, mente e spirito".

In qualità di artista, come coniughi il lavoro artistico e quello organizzativo?

Domanda molto complessa, che investe più piani:
> in qualità di curatrice di A PIEDE LIBERO, evito, per evidente conflitto di interessi, di programmare lavori miei; se è capitato (due volte in dieci edizioni) è stato solo per coprire dei buchi; > il marketing dei miei lavori non riesco a farlo… non riesco neppure a spedire i materiali via mail. Non lo so perché. Se dovessi proporre un altro probabilmente troverei le parole, ma dovendolo fare con lavori miei, muoio dentro. E infatti, o mi invitano o non vado da nessuna parte; > per tutto il resto - amministrazione, contabilità, comunicazione (compresi grafica, stampa dei materiali, ufficio stampa, etc) - soffro come un cane.
Negli anni mi sono fatta affiancare da altre persone (una per la segreteria dei corsi, una per un supporto alla comunicazione - rivedere i testi, curare gli indirizzari, etc. - e un consulente del lavoro), ma si tratta di supporti saltuari e volontari, per cui il grosso del lavoro ricade sempre e solo su di me. Oltre a portarmi via una quantità di tempo inimmaginabile, è proprio un’altra testa quella che serve… e a periodi rasento la schizofrenia. Perciò almeno cerco di dividere questo tipo di lavori dal resto, concentrandoli in alcuni particolari periodi dell’anno, o in particolari giornate. Ogni volta è come fare un tuffo in un altro mare… è più che parlare un’altra lingua, è proprio modificare un assetto mentale, un approccio, tempi e modi del pensiero. E poi doversi riprendere. Sarebbe un fenomeno da studiare, non scherzo. È paradossale soprattutto nei momenti di passaggio, come quando - dopo due settimane passate a redigere bilanci e registrare fatture, torni in sala a tenere un laboratorio. O al contrario, al ritorno da una tre giorni di spettacolo, devi sederti al pc per redigere fatture e denunce contributive. È assurdo. Non so neanche spiegare in poche parole che effetto fa, ma è qualcosa che non ha nulla di proficuo, nulla che io possa utilizzare in positivo per crescere, nulla che io riesca a mettere in comunicazione reciproca, in una relazione costruttiva. Mentre la filosofia e la danza (la struttura logica pura e la sensibilità nel corpo) negli anni hanno imparato a dialogare in me; mentre nella cura del festival (inventare il format, scegliere gli artisti...) così come nella composizione grafica degli inviti la mia sensibilità di artista ha informato l’attività che per semplificare chiamiamo ‘organizzativa’; per tutto quanto riguarda l’amministrazione e la contabilità un dialogo costruttivo nella mia esperienza semplicemente non è possibile. Sono abilità diametralmente opposte e contrapposte, che non riescono a comunicare né a nutrirsi reciprocamente in alcun modo. È solo sofferenza, infinito tempo perso per riprendere il filo, tornare sintonizzati, riuscire a mettere a fuoco di nuovo. Sai, tipo “Allora, dov’eravamo rimasti?!”. Come esser stati via, lontani, per ore o per giorni. Fa male. Fa sentire in disordine, disconnessi, confusi, zoppicanti, inadeguati e soli.

Quali supporti economici/logistici/organizzativi ha INDACO (se ci sono)?

Riceve dei contributi da Enti pubblici o privati a progetto (per il festival, per le produzioni su commissione, per le singole repliche). Per i corsi e i laboratori affitta una palestra comunale. Nelle due ultime estati è stato ospitato gratuitamente dalla società Rosso Veneziano in uno stabile in disuso di loro proprietà dove abbiamo allestito uno spazio prove (privo di riscaldamento, acqua e corrente elettrica) nel quale sono stati prodotti gli ultimi due lavori.

In che modo lavorate sul territorio?

Ogni nostra attività è rivolta al territorio: gli spettacoli, il festival, i laboratori, il lavoro delle scuole. > Sugli spettacoli: Riceviamo finanziamenti a progetto per produzioni di spettacoli e performance da Enti pubblici e privati (Comuni, musei, scuole, servizi territoriali, Associazioni e Cooperative di carattere sociale e culturale, società e agenzie di eventi, etc.) rivolti per lo più alla cittadinanza; a volte, in speciali circostanze (in vista di, o grazie a, Premi, concorsi, etc.) ci auto-produciamo; però - non avendo noi una sede stabile per prove e allestimenti - le auto-produzioni sono estremamente complesse e costose, e perciò rare. In generale cmq l’attività di produzione su commissione è superiore per entità dei finanziamenti e frequenza di quella auto-prodotta; la selezione dei committenti (in parte operata da noi, in parte naturale) ha fatto sì che quel che normalmente intendiamo con ’ sensibilità o gusto commerciale’ non avesse comunque cittadinanza, in favore di un progressivo radicarsi della vocazione alla ricerca: tutte le creazioni, pur nella loro diversità, hanno sempre mantenuto una linea di pensiero e di critica rispetto agli stereotipi dominanti, nella società e nella danza, che ha investito ogni aspetto della composizione.
> Sul festival:
Il festival ha una durata di 7 giorni e un costo complessivo di circa 10.000 euro; ad oggi è finanziato dal Comune per 5.000, da Arteven per 2.000 e da INDACO per i restanti 3.000 euro. È inoltre sostenuto per la comunicazione da Opera Estate festival Veneto e da REV. Dal 2012, a causa dei costi di allestimento teatrale troppo elevati e in seguito ad alcune riflessioni sulla crisi bruciante che aveva investito il Paese, è allestito completamente in spazi urbani. (Nota 1)
> Sui laboratori
- i laboratori permanenti si tengono da oltre 10 anni a Mogliano, col Patrocinio della città; sono finanziati esclusivamente dal libero contributo dei partecipanti, e si rivolgono a tutta la popolazione con proposte specifiche, a partire dalla danza creativa per bambini da 3 a 6 anni fino ai laboratori di consapevolezza, ascolto ed espressione attraverso il movimento per adulti (in genere da 50 a 75 anni), attraverso corsi di tecnica contemporanea, corsi per ragazzi, adolescenti e laboratori di improvvisazione e composizione coreografica (contact, drammaturgia nella danza, etc..) Il principio di fondo è di non lavorare mai per 'impartire una tecnica’ o peggio ancora una forma, bensì coordinando esplorazioni ed esperienze condivise per una crescita e uno sviluppo del benessere corporeo come concausa di uno sviluppo umano e artistico.
- i laboratori specifici proposti nelle scuole di danza sono finanziati dai contributi che le scuole ospitanti versano a INDACO; essi si dedicano soprattutto ad approfondire la sensibilità di ascolto e capacità di relazione, decostruendo cliché e stereotipie in favore di una reale comunicazione tra umani;
- da qualche anno conduciamo nelle classi 2^ e 3^ del Liceo Socio-psico-pedagogico (indirizzo scienze umane) di Mogliano Veneto un laboratorio sulla relazione corpo/emozione (consapevolezza di sé e linguaggio non verbale) all’interno di un progetto di prevenzione della violenza di genere curato dall’Associazione Se Non Ora Quando?. Il progetto è finanziato in parte da tale Associazione, in parte dalla scuola, in parte dalla SOMS (Società Operaia di Mutuo Soccorso) cittadina.
- saltuariamente siamo chiamati a condurre laboratori per adolescenti “a rischio”, in contesti quali doposcuola di periferia o simili; in questo caso prestiamo opera volontaria e non siamo finanziati da alcuno.

Avete rapporti con altre istituzioni territoriali? se sì, quali?

Oltre agli Enti pubblici e privati sopra nominati, abbiamo rapporti discontinui (a progetto) con altre Compagnie e Associazioni che si occupano di arte e danza contemporanea sul territorio regionale e nazionale; con operatori di spettacolo, regionali e nazionali (Arteven, Opera Estate, La Biennale di Venezia, la provincia di TV, etc.); con Associazioni che operano nella cultura e nel sociale, regionali e nazionali.

Come avete reagito/state reagendo alla situazione attuale di crisi?

Abbiamo registrato una contrazione dell’attività di produzione e di spettacolo (forse però anche dovuta alla mia totale inettitudine nel marketing, v. sopra!, a cui è corrisposta invece una crescita nella domanda di attività di laboratorio, soprattutto nel sociale. I finanziamenti del festival sono fermi da 7 anni, e la sezione teatrale è stata totalmente tagliata in favore degli allestimenti in urbana (v. sopra). L’attività di auto-produzione al momento è ridotta ai soli progetti di video-danza.

Secondo voi è utile oggi proseguire con questo tipo di progettualità e se si perché?

Credo che mai come ora ce ne sia bisogno. Prova ne è il fatto che, nonostante la crisi, le iscrizioni ai laboratori non hanno subito alcuna inflessione, anzi sono cresciute. Le persone sono sfinite, nel corpo e nella mente, e hanno bisogno di qualcosa che le riporti al proprio centro, capace di radicarle di nuovo sulle proprie gambe e nel proprio sentire, e di permettere uno scambio positivo e autentico con l’altro.
Il bisogno di relazione non è mai stato tanto forte, così come la ricerca di senso, la necessità di ricontattare il proprio sentire reale, l’esigenza di liberarsi dalla paura e di ritrovare un dialogo non difeso e non aggressivo con altri umani. Mai come in questi ultimi anni ho avuto la reale percezione del valore di ciò che facciamo, anche solo durante una lezione. Viviamo un tempo di frontiera, nel quale l’arte - che lo voglia o no - ha un grande valore sociale e una grande responsabilità, perché è oggettivamente uno degli strumenti reali e più potenti di ricostruzione, di sé e delle comunità.

La mancanza solida di rapporti istituzionali come influenza la relazione tra gli artisti e il paesaggio socio-politico?

Che domanda enorme. Non lo so. Impoverisce tutti, direi. Deprime gli artisti, da un lato, perché la sensazione profonda è che ciò che fai non serve alla collettività, non interessa, non è considerato importante…. è affar tuo, e ti si tollera, ma non si ha bisogno di te - ti occupi di cose ‘in/utili’, perciò sei uno spreco di tempo e risorse. Dall’altro, priva il ‘paesaggio socio-politico’ di una risorsa preziosissima, di uno sguardo attento, originale e creativo sul reale, che arricchirebbe di molto invece la vita di tutti. Inoltre, non coltiva anticorpi fondamentali contro le stereotipie, gli imperativi al consumo e la riduzione degli umani a pedine sul mercato. Rende tutti più poveri, più soli e meno liberi.
Nell’assenza di interlocutori istituzionali che lo supportino e gli ‘coprano le spalle’, INDACO ha radicato negli anni le proprie relazioni nel pubblico (traduci: il pubblico degli spettacoli, del festival, i partecipanti ai laboratori, etc.). In questi anni siamo arrivati ad incontrare oltre 10.000 persone. In moltissimi non ci hanno più lasciato - ci scrivono, vengono agli spettacoli, partecipano ai laboratori, ci cercano in rete.
Questo profondo risuonare assieme, questo riconoscersi, questo cercarsi e saldarsi insieme è molto faticoso, sempre precario, e insieme estremamente forte, vivificante, ogni anno più necessario, intenso, potente.
Io non so come saremmo se fossimo finanziati, supportati, apprezzati “dall’alto”… a volte penso che - in quanto formatrice - mi piacerebbe non dovermi preoccupare di ‘guadagnarmi gli allievi’ ad ogni lezione - soprattutto mi piacerebbe non ci fosse una relazione economica tra me e loro, poterli seguire senza dover dipendere dalle rette per vivere.
Di sicuro però so che d o v e r essere finanziati, supportati, apprezzati “dal basso” ci spinge a cercare di essere migliori ogni giorno: onesti, coraggiosi, trasparenti, vivaci. E, nel precariato più totale, nella più assoluta mancanza di certezze, a suo modo ci rende liberi.
Credo si tratti di forme diverse di responsabilità. Io oggi devo essere responsabile verso la mia ricerca - non piegarmi troppo alle richieste esterne, mantenere la bussola nonostante io possa rischiare di non piacere, o di non essere seguita sempre e da tutti. Immagino che in altro caso dovrei ricordarmi di essere responsabile verso il ‘mio’ pubblico, dal quale non dipenderei più in forma esclusiva… e verso di me, nel non diventare troppo deferente.
Io credo che su questo ci sia da riflettere, per tutti.
Dopodiché… mi becchi in una giornata buona. In altro momento probabilmente ti direi che è anche depressiva e deprimente, sconfortante, desolante e a tratti sconvolgente la profonda ignoranza che ci circonda tutti ormai… soprattutto quando si tratta di aver a che fare con le istituzioni pubbliche. E che lavorare così è come svuotare il mare col cucchiaio, mentre tutto il resto intorno viaggia in direzione diametralmente opposta, ed è infinitamente più grande, forte e potente di te.
L’unica cosa su cui non ho mai dubbi è il valore - umano, politico, culturale, artistico - della pratica e della ricerca nel corpo. Sulle mie forze, tanti. Ma oggi c’è il sole, A Piede Libero nonostante tutto e tutti è arrivato alla X edizione, e io sto per andare a lezione.

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